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Ernie addominali, in Italia ne soffre il 4-5% della popolazione

di Ufficio stampa
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ROMA (ITALPRESS) – Le ernie addominali sono una delle patologie chirurgiche più comuni: si stima che in Italia interessino circa il 4-5% della popolazione, con un picco tra gli uomini sopra i cinquant’anni e un totale di oltre 150mila interventi di rimozione. Le ernie si verificano quando una parte del contenuto addominale, di solito un tratto di intestino, fuoriesce attraverso un punto di debolezza della parete muscolare: le sedi più frequenti sono l’inguine, l’ombelico e la linea mediana dell’addome. Senza trattamento l’ernia tende a crescere progressivamente, diventando sempre più fastidiosa: col tempo può provocare dolore, limitazioni funzionali e nei casi più gravi complicanze che richiedono un intervento chirurgico urgente.

“L’ernia è una fuoriuscita del viscere solitamente dall’intestino, da un punto di debolezza della parete addominale o della muscolatura che forma questa parete. Le cause possono essere diverse: ci sono ernie congenite, dunque presenti fin dalla nascita, o acquisite nel corso della vita. L’ernia inguinale è più frequente nei maschi, quella femorale nelle femmine: è inoltre possibile che nasca su una cicatrice chirurgica, come quelle sugli interventi addominali che rappresentano punti di debolezza”, ha dichiarato Stefano Bona, responsabile della sezione di Chirurgia generale dell’Istituto Humanitas di Rozzano, intervistato da Marco Klinger per Medicina Top, format tv dell’agenzia di stampa Italpress.

Bona si rivolge direttamente a chi ne soffre, sottolineando l’urgenza di rivolgersi immediatamente a un medico: “Se si percepisce qualcosa che non va a livello addominale si va dal medico, non si fanno autodiagnosi: solitamente l’ernia causa un rigonfiamento sulla parete, ma si può manifestare anche sui piedi o si può addirittura schiacciare internamente. Con il tempo le dimensioni aumentano e con esse i disturbi correlati, ma l’aggravamento di solito è molto progressivo e il paziente può rendersene conto: l’unico vero rischio dell’ernia è lo strozzamento, che è un evento raro ma drammatico. In questo caso l’operazione va fatta in emergenza, perché abbiamo poco tempo: con lo strozzamento va in sofferenza il viscere nell’intestino e se questa è recuperabile si rimette tutto a posto, altrimenti un pezzo dello stesso intestino va tagliato via”.

Altro tema affrontato è l’impiego molto frequente della chirurgia mini-invasiva, che “garantisce un minore dolore postoperatorio, meno complicanze e un recupero più rapido. Il recupero dipende dall’impatto dell’intervento: a parità di dimensioni e caratteristiche, sia del paziente che dell’ernia, la chirurgia mini-invasiva riduce il dolore dopo l’operazione quindi il paziente si muove più agevolmente e recupera le abituali attività quotidiane in tempi più brevi”. Pochi i casi in cui l’ernia si associa a disturbi funzionali: in quel caso, spiega Bona, “i pazienti possono avere disturbi posturali, mal di schiena, dolori a livello pelvico, urinario o intestinale; questi casi andrebbero valutati e inquadrati chirurgicamente. Nei primi due anni dopo la gravidanza c’è la possibilità di un recupero dall’ernia: l’addome si riassesta e c’è la possibilità di fare fisioterapia, si può dare tono alla parete muscolare attraverso esercizi specifici di ginnastica riabilitativa”.

Quello di ernia inguinale, conclude, “è l’intervento più frequente al mondo in tutti i reparti di chirurgia: nell’80-90% dei casi si esegue in anestesia locale e in regime di Day Hospital, al pari di tutte le piccole ernie, mentre per quelle grandi il discorso cambia”.

– foto tratta da video Medicina Top –

(ITALPRESS).

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